Gentile direttore,
leggiamo con interesse la lettera del presidente provinciale Vittorio Poma alla Provincia Pavese del 21 dicembre sul futuro di Pavia e della nostra provincia, e apprezziamo il fatto che Poma stia cercando una dialettica con i cittadini. Diciamo perciò la nostra, viaggiando un po’ tra fantasia e realtà, tra le speranze per il domani e i continui bruschi risvegli dell’oggi, causati dal timore che stiamo percorrendo la strada sbagliata.
Se dobbiamo pensare a Pavia fra 100 anni, ci immaginiamo una città in armonia con madre natura e con l’ambiente. Popolata da persone che consumano le risorse (solo quelle rinnovabili) in modo ragionevole, in un contesto globale che ha trovato alternative al petrolio ma che soprattutto ha imparato a limitare le richieste energetiche e la produzione di rifiuti, eliminando alla radice gli scontri sulle discariche e gli inceneritori. Una città che ha gli stessi identici confini di oggi, che non ha utilizzato un solo metro quadrato in più di terreno libero, che ha azzerato il consumo di suolo. Di più, una città e ua provincia che hanno invertito la rotta, riqualificando a terreno agricolo o a parco le molte aree urbanizzate e non utilizzate, le future aree dismesse, le aree artigianali e industriali che avranno chiuso il loro ciclo. Per fare un esempio, tra i tanti possibili nella nostra provincia, l’area occupata dalla Dolma di Belgioioso, ormai ridotta a piccola sede commerciale, potrebbe tornare a madre natura: dopo che ci siamo «presi in prestito» quel pezzo di suolo.
Ci immaginiamo una città e una provincia dove un concetto come questo, del «suolo in prestito», non provochi quella traccia di dubbio che ci figuriamo sulle facce di chi legge, perché sarà un concetto ormai conquistato, anzi ri-conquistato, dopo qualche generazione di troppo spensierata e non armoniosa crescita. Una città e una provincia nelle quali i piccoli e grandi costruttori e operatori dell’edilizia, il cui profitto viene oggi prodotto a discapito di una risorsa di tutti non rigenerabile (il suolo appunto) potranno, attraverso la riqualificazione dell’immenso patrimonio edilizio esistente, continuare le proprie attività e prosperare.
Ci immaginiamo una città che, con gli altri principali centri urbani della provincia, torni accogliente nel senso più profondo del termine, che non costringa alla fuga i propri abitanti verso paesi che quintuplicano in 15-20 anni i propri abitanti secondo una dinamica urbanistica incontrollata. E una provincia dove l’eventuale decisione di un sindaco di urbanizzare un’area al solo scopo di far quadrare il bilancio delle spese correnti possa essere considerata, al massimo, una battuta.
Ci immaginiamo istituzioni che anticipano e guidano i processi, invece che farsene travolgere. Che si dedicano ai problemi prima che diventino cronici: perché, per esempio, l’attuale Provincia ha atteso 10 anni prima di mettere mano al piano del traffico provinciale (Ptve), e perchè, giunti a questo punto, anziché affrettarsi ad approvare un’autostrada, non ha aspettato pochi mesiin modo che il piano fosse definito e condiviso? Vorremmo istituzioni i cui rappresentanti abbiano ben presente il principio per cui, se sono dove sono, è per un patto con i cittadini e che questo va confermato e verificato continuamente. Istituzioni che non flirtino con i comitati di affari, più o meno espliciti, per non perdere di vista i loro veri obbiettivi.
Saranno così Pavia e la sua provincia fra cento anni? Speriamo. Di certo si può cominciare già domani a dar corpo a questa speranza; bastano pochi anni per raggiungere buona parte dei risultati. In molti settori le «buone pratiche» e un po’ di organizzazione possono risolvere problemi cronicizzati. A chi vorrà interpellarci proveremo a raccontare alcune delle soluzioni possibili e il modo per arrivarci.
Coordinamento Comitati e Associazioni contro la Broni-Pavia-Mortara
Nessun commento:
Posta un commento