Fabio Rugge preside facoltà Scienze Politiche: Pavia futura Una sfida da studiare

Quale futuro per Pavia? Dopo un incontro-confronto promosso dalla Fondazione Romagnosi dell’Università di Pavia, diamo il via a un dibattito sulle pagine della Provincia Pavese. Il primo intervento è firmato dal preside di Scienze politiche Fabio Rugge.


Pavia ed il suo territorio, come altre contrade d’Italia, sono cambiati e vanno cambiando sotto i nostri occhi. Si tratta di cambiamenti che investono, a tacer d’altro, la popolazione e i servizi, l’economia e l’ambiente. Come indirizzare questi mutamenti verso un esito virtuoso? E’ chiaro infatti che ciascuno di quei cambiamenti - e le decine di processi di cui si compongono - sono già seguiti e presidiati da istituzioni pubbliche e private. Ed è chiaro che ognuna di esse produce iniziative e progetti spesso plausibili, efficaci, ispirati, solidi.
Ma il punto è un altro. Qual è il grado di congruenza tra queste iniziative? Qual è l’orizzonte temporale di quei progetti? Esiste una visione condivisa di Pavia e del suo territorio tra venti o trenta anni che possa dar senso e coerenza a questi progetti e stimolarne altri, introdurre correttivi, proporre nuove agende? Una risposta positiva a questa domanda non mi sembra scontata. Credo anzi che essa presupponga un lavoro ancora in gran parte da svolgere e vorrei in questo senso avanzare due suggerimenti.
Enuncerò il primo facendo il verso a certi paradossali precetti taoisti: «Il futuro di Pavia non è il futuro di Pavia». In effetti, questa città e questa provincia sono inserite in un ‘sistema regionale’ anch’esso in trasformazione: infrastrutturale, produttiva, insediativa, culturale.

Queste modificazioni, a loro volta, implicano una ridefinizione delle relazioni funzionali tra le città componenti il ‘sistema’, in una partita che è insieme cooperativa e competitiva. Ecco perché il futuro di Pavia non può né pensarsi né costruirsi all’interno delle sue mura. E la riflessione su di esso deve riguardare le risorse, i talenti, le vocazioni che città e territorio - differenziato, quale storicamente si presenta - possono mettere a disposizione nella partita di cui ho detto.
Cruciale a questo proposito è il rapporto con Milano. E’ un tema antico, che oggi andrebbe ripreso con un’avvertenza. Milano non è più concepibile, da Pavia, come il “capoluogo” e/o il termine di una dialettica a due. Milano è per Pavia di meno e di più: è il nodo più prossimo di una rete di relazioni a raggio almeno continentale.
Il secondo suggerimento riguarda il metodo di una possibile riflessione sul futuro di Pavia. Viviamo un’epoca in cui i poteri pubblici sono diffusi e sempre meno gerarchizzati. E’ impensabile che una singola istituzione di governo si presenti come leader di una dinamica progettuale quale la immaginiamo ora. Né d’altra parte è plausibile che da questa dinamica vengano esclusi i soggetti privati disposti a mettersi in gioco con entusiasmo e operosità. La forma del ragionamento di cui si ha bisogno è dunque insieme plurale ed aperta.
Non solo. Quel ragionamento non può che essere informato e strutturato dalla ricerca. Esso deve essere validato dagli indicatori dei processi in corso - a volte evidenti, a volte criptici. Esso va accompagnato dalla consapevolezza che questioni simili si sono affrontate in altre esperienze. E che queste offrono oramai un corpus di insegnamenti preziosi. La riflessione sul futuro di Pavia e del suo territorio richiede quindi anche uno straordinario sforzo diagnostico e prognostico, assistito da esperti. Le Fondazioni Romagnosi e Globus et Locus, volendo fornire l’innesco di questo lavoro, hanno pensato infatti ad una riflessione corale ed ‘esperta’.
Si sono verificati, rispetto a questa ipotesi, l’interesse e la disponibilità di personalità e istituzioni importanti. Mi auguro che altri si lasceranno tentare da questo esercizio. La sfida è far emergere un’immagine condivisa di quelli che saranno il volto e il passo di Pavia e del suo territorio tra venti o trenta anni. La sintesi originata da un confronto simile avrebbe quel carattere ricco, condiviso e impegnativo che la renderebbe suscettibile di tradursi in azioni efficaci, animate da una forte concordia e da un senso preciso della tempestività. Poiché da quest’ultima dipendono spesso il declino, la stasi o lo sviluppo di un territorio.


*preside della facolta di Scienze politiche all’Università di Pavia

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