Piero Bellani Unione Industriali: Sfida di Pavia Si vince con il dialogo

SABATO, 12 GENNAIO 2008

La situazione economica generale, osservata sui numeri, dello scorso 2007 ha comunque confermato la capacità delle nostre imprese di riuscire a tenere, seppur tra qualche difficoltà, un buon livello di competitività. Peraltro il rallentamento, nell’ultimo mese di dicembre, deve rappresentare un segnale da non sottovalutare per il prossimo futuro.

D’altronde le previsioni che sono state espresse anche dalle altre Associazioni Industriali della Lombardia sono improntate alla massima cautela.
Fermo restando l’export che mantiene terreno, per l’andamento della produzione, degli ordini e dei margini, si prevedono situazioni di lieve frenata. I vincoli, che si frappongono ad una normale crescita, sono i soliti, esterni alle aziende e da troppo tempo irrisolti.
Sono le carenze infrastrutturali, l’eccessiva pressione fiscale, le inefficienze della burocrazia, cui si aggiungono variabili del mercato quali il deprezzamento del dollaro, l’aumento del petrolio e delle materie prime, i costi dell’energia.
In questi giorni si è aperto il confronto con le Organizzazioni sindacali e con il Governo; sul tavolo vi sono anche alcuni rinnovi contrattuali, tra i primi quello dei metalmeccanici.
Mi pare che su questo fronte ci sia da parte di tutti la consapevolezza che il momento non consenta aumenti salariali incompatibili con la competitività del mercato e nello stesso tempo che il potere reale d’acquisto degli stipendi e delle retribuzioni vada salvaguardato.
In tal senso è indispensabile agire sia sulla leva fiscale che, come richiesto recentemente da Confindustria, operi sui due versanti del costo del lavoro che riguardano sia i datori di lavoro che i dipendenti, consapevoli che ci potranno essere aumenti salariali significativi solo a fronte di un recupero della produttività.
Ora abbiamo bisogno di maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro e più in generale deve crescere, come è avvenuto negli scorsi anni in tutti i Paesi industrializzati, la produttività che da noi è molto più bassa rispetto ai maggiori concorrenti europei.
Desidero inoltre ricordare un argomento che mi sta molto a cuore, il problema della sicurezza sul lavoro.
Il grave episodio verificatosi a Torino deve considerarsi come qualcosa di inaccettabile per una società civile. Sono sicuro di interpretare il pensiero dei nostri imprenditori ribadendo che su tali problemi, che sono comunque connaturati all’attività della fabbrica, vi debba essere una tolleranza zero.
Sono convinto che alla sicurezza nei luoghi di lavoro, occorra dedicare un’attenzione serrata e continua, soprattutto sul piano della prevenzione consci che innovazioni e miglioramenti siano sempre possibili.
Si è parlato in questi giorni del tema della globalizzazione ed una fonte più che autorevole ha messo in guardia sui pericoli e sugli effetti negativi che si sono ripercossi sulle popolazioni più deboli.
Questo è vero. I Paesi più poveri, non avendo accesso alle moderne tecnologie, non hanno potuto godere delle opportunità del commercio internazionale, sono stati esclusi dai flussi economici mondiali e non hanno potuto trarre vantaggio dal vivere in una società aperta.
Il rischio dell’attuale assetto della globalizzazione è che una maggiore efficienza si realizzi diminuendo in qualche modo quella che è la soglia dell’etica.
A questo bisogna indubbiamente opporsi ma la povertà non è sicuramente cancellata bloccando la globalizzazione, ma governandola.
E’ indispensabile correggere le distorsioni, generando uno sviluppo armonico, cioè uno sviluppo che unisca da un lato la crescita economica e dall’altro la qualità della vita, la legalità, l’istruzione, la democrazia, la sanità, il rispetto dell’ambiente.
Penso anche che il punto di partenza sia la riscoperta della centralità dell’individuo e che le dinamiche più profonde dello sviluppo debbano comunque tenere conto del senso dell’etica. Ma l’etica globale che va auspicata è quella fondata sulle opportunità di sviluppo e non sulla negazione dello sviluppo globale. In sostanza, il futuro sta in una globalizzazione più equa dell’economia, sta in una società globale ed equa.
Dando poi uno sguardo alla nostra provincia, desidero esprimere forte soddisfazione nel constatare come recenti interventi pubblici di Enti ed Istituzioni abbiano avuto una base comune nel richiamo ad una coesione delle forze esistenti, al fine di massimizzare il patrimonio di competenze diffuse e trasmesse in ogni momento della vita sociale, al fine di realizzare una convergenza operativa, che operi per una valorizzazione del tessuto del territorio.
E’, a mio avviso, indispensabile avviare un dialogo con tutti gli altri soggetti, generando una nuova forma di confronto orizzontale con operatori di diversa natura (Università, Istituti di ricerca e cura, Poli sanitari, Industrie, Servizi, mondo del credito, Fondazioni, eccetera).
Il territorio deve puntare a realizzare un ampio ed organico progetto di collaborazione e cooperazione che abbia come strategia l’individuazione di condivisioni operative, mutuate dalle reciproche competenze ed esperienze.
E’ necessario istituzionalizzare una coesione che generi innovazione strutturale che costituisca e definisca una cultura della sperimentazione, dell’esplorazione, del confronto delle esperienze, dell’investimento a tutto campo.
Sono sicuro che il mondo dell’imprenditoria, unitamente agli altri partner, è pronto ad affrontare la sfida.
*presidente dell’Unione Industriali della provincia di Pavia

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